Se il mare ci ricorda la paura dell'amore

Giovani, mare e amore nell'ultimo contributo di don Umberto Guerriero per il mensile diocesano inDialogo

 

 

 

L'estate è appena iniziata ma cresce il desiderio di fuggire dalla routine, dai libri e dagli impegni quotidiani. Per i giovani tutto questo ha un scenario ben definito: il mare. Che sia da pendolare o che si ci possa concedere un bel viaggio, esso resta l’elemento imprescindibile per ogni vacanza che si rispetti. Tuttavia, il mare è capace anche di smuovere in profondità emozioni e paure che abitano il cuore di ogni giovane e non soltanto a causa del terrore generato dalla cosiddetta prova costume. Il mare ha sempre esercitato un enorme fascino nell’immaginario dell’uomo.

Per gli antichi, la terra era una sorta di piattaforma che poggiava sulle acque, espressione di una potenza misteriosa, talvolta indomabile. Anche la Genesi (Gen 1,9–10) ci presenta una situazione simile, tanto che solo Dio è capace di dominare sulle acque e di porre un confine tra la terra e il mare (cfr. Prov 8,29–30). Ma la Scrittura si spinge oltre, descrivendo il mare quasi come la personificazione delle forze oscure del male. Un luogo popolato da mostri di una pericolosità estrema, che minacciano la vita dell’uomo. Solo Dio è in grado di porsi come baluardo di fronte a queste forze distruttive e dominare il mare con la sua potenza (cfr. Ger 31,35). È in modo particolare nell’esodo d’Israele dall’Egitto che Dio, attraverso Mosè, mostra la sua piena autorità sul mare. Imponendo al mare di arginarsi come una muraglia (Es 14,22), consente al popolo di passare oltre, prima di scatenare la sua forza inarrestabile come arma contro gli egiziani. Nel Nuovo Testamento è Gesù stesso a mostrare la sua forza contro la potenza misteriosa delle acque che più volte spaventa i suoi discepoli, benché fossero pescatori. Non soltanto è capace di sedare la tempesta sgridando il male quasi fosse un essere diabolico (cfr. Mc 4,35–41). Gesù riesce anche a camminare sulle acque e consente anche a Pietro di fare altrettanto, almeno finché egli non si lascia schiacciare dalla paura e dalla debolezza della sua fede (cfr. Mt 14,22–26).

Vincere allora la forza sovrumana del mare e le paure che esso genera significa crescere nella fiducia, vuol dire imparare ad amare. Troppo spesso i giovani hanno come compagna di vita costante proprio la paura che segna il loro cuore e ha conseguenze spesso paralizzanti. Anche il tema del messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù di quest’anno ha fatto esplicito riferimento alla paura nella vita dei giovani, riprendendo le parole del Vangelo di Luca: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30). Una scelta che vuole essere un invito ai giovani, ad indicare loro che la strada è quella di tuffarsi nel mare della vita, prendere il largo senza timore e imparare ad amare davvero, anche quando si pensa di non saper ancora nuotare… basta fidarsi di Dio.

 

 




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