Sempre più periferia. Viaggio in Diocesi /2

Le interviste al presidente di Slow Food Agro Nolano, Gianluca Napolitano, e al presidente nazionale del Movimento d’impegno educativo di Azione cattolica, Gaetano Pugliese, hanno aperto la seconda puntata dell'indagine di inDialogo sul territorio diocesano, alla luce del concetto di 'periferia'.

 

Foto di copertina : Rosario Spanò - Producktion

 

Continua il viaggio di inDialogo nei decanati della diocesi. In questo numero di luglio l’approfondimento è dedicato a un territorio che parte dal bruscianese, abbraccia l’area vesuviana e si allunga fino al mare.

 

Come può la scuola essere al servizio del territorio? Questa la questione di fondo che trova alcune risposte nelle parole di Gaetano Pugliese, professore di religione per quasi mezzo secolo, da poco in pensione, dopo aver concluso la sua lunga carriera presso l’Istituto Tecnico Barsanti di Pomigliano d’Arco. Pugliese è anche attualmente presidente nazionale del Movimento d’impegno educativo di Azione cattolica (Mieac). Professore, viviamo in un territorio che possiamo definire «periferia diffusa», almeno dal punto di vista dell’offerta dei servizi necessari a garantire una buona qualità della vita.

Qual è il ruolo della scuola in questo scenario? Secondo me, quando si parla di scuola, il significato classico che si dà alla differenza tra centro e periferia va mutato. Nella mia lunga esperienza, non ho notato una grossa distanza tra queste due dimensioni, rispetto al mio ruolo d’insegnante. La differenza, invece, la fanno le famiglie: se seguono i ragazzi e hanno cura o no. È questo il vero spartiacque.

Se parliamo del problema della dispersione scolastica, dobbiamo guardare ancora alle famiglie? Di certo è un fattore importante. Negli ultimi decenni, anche nel nostro territorio, la famiglia ha conosciuto un aumento delle criticità – mi riferisco alle separazioni e ai problemi in genere della fragilità dei legami – di cui i ragazzi risentono. È diventata più complessa anche la gestione della relazione scuola-famiglia, fondamentale nell’educazione dei ragazzi. Ma il fenomeno della dispersione è legato direi soprattutto alla scuola che a volte non riesce ad accogliere, a trovare un approccio adeguato per ragazzi bisognosi di maggior cura educativa. Ha parlato di cambiamenti del vissuto familiare dei ragazzi. E in questi ultimi, ha visto cambiamenti nella sua esperienza? Fino più o meno agli anni ’70, gli studenti tendendevano a recepire docilmente i discorsi degli insegnanti, erano, per così dire, più passivi nel rapporto coi docenti. A poco a poco, sono diventati più attivi, critici, ponevano domande. Questo non è un problema, anzi. E in questo contesto, quale può essere il ruolo dell’insegnamento della religione cattolica? Guardi, vengo proprio oggi dal convegno nazionale del Mieac, il cui titolo era «Passi d’uomo, impronte divine. L’educazione per una rigenerazione dell’esperienza umana», che può riassumere il fine prioritario del mio impegno di docente: conoscere in modo essenziale ma non superficiale le varie religioni del mondo e educare al dialogo interreligioso nel rispetto delle grandi tradizioni culturali dei popoli. Il rispetto delle diversità, unità nella ricerca della risposta alle grandi domande. Mi sembra qualcosa di cui abbiamo urgente bisogno. (a cura di Alfonso Lanzieri).

 

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