Noi come Paolino

Dalla vita del patrono della diocesi un contributo prezioso per costruire il futuro

 

  a cura di Lino d'Onofrio  

 

Nella penombra di un antico edificio in cui la storia ha lasciato le sue tracce, in un ciclo di incontri che hanno cercato di rimettere a fuoco la figura di Paolino e del monachesimo dei primi secoli, ci si interroga sulla profezia di quel Santo cui sono legate le radici della Chiesa di Nola. Ci si chiede cosa abbiano a che fare quella vita, quelle scelte, con la nostra storia con le gioie e gli affanni del nostro annuncio del Regno. Così, in una lettura sinottica della storia, la persona e la vita di Paolino sono messe a confronto con passaggi e vissuti della nostra esperienza ecclesiale. L’itinerario è suddiviso in quattro tappe per un unico viaggio, che ha come riferimento la vita del monaco di Bordeaux e della sua sposa Terasia che presso la tomba di Felice, il presbitero nolano, posero la loro dimora. In questo viaggio il riferimento è «lo sguardo», ovvero il modo, il filtro attraverso cui vedo la vita e i suoi accadimenti.

Così la prima tappa è lo sguardo di Paolino su di sé, partendo dalla propria storia, dalla sua realtà di nobile patrizio, acculturato e raffinato, cui giunge la buona notizia del vangelo. Come entrare in questa nuova dimensione, basterà vendere tutto? La vendita dei beni è solo una parte delle scelte che sarà attuata, resta la parte più complessa: mantenere l’accoglienza come cifra dell’apertura agli altri, l’amabilità come habitus, l’integrazione degli usi e tradizioni degli altri cogliendone il bene. In questo senso è interpellata la vita della nostra chiesa, chiamata ad una capacità di memoria – partire dalla propria storia, noi ad esempio dal Sinodo celebrato ma non vissuto,– con la consapevolezza che il nostro tempo ci vede agire con la tracotanza di chi si sente maggioranza ma in realtà è diventato, sociologicamente «minoranza», evangelicamente «lievito». Siamo una chiesa aperta al sogno, punto cardine nell’esperienza di Paolino che sogna la sua vita nuova.

Dallo sguardo su di sé allo sguardo su ciò che lo circonda, in questo modo Paolino vive la sua esistenza e invita noi a questa stessa logica. Il mondo che ci circonda non è il campo da arare o da seminare, è «la messe pronta» (Lc 10, 2). Con questo sguardo Paolino ha saputo vedere con altri occhi il luogo della sepoltura di un testimone che è diventato il luogo della nascita di una nuova forma di vita, ha saputo guardare il tempo del declino dell’Impero e dell’amicizia col maestro Ausonio come un’opportunità di vita differente, ha visto la sua vita di sposo e di credente nella prospettiva del Regno e ha fatto le sue scelte.

Il terzo passaggio in Paolino è stato lo sguardo sui suoi. C’è sempre chi ci è «più prossimo», per Paolino lo sono Terasia, la comunità monastica, i pellegrini che accostano al santuario. Con Terasia sceglierà di «avere in comune ogni cosa» (At 2), con la comunità di scegliere la sobrietà come principio e l’accoglienza sarà «l’arma vincente e convincente» per i pellegrini. Questo stile diventa per noi una provocazione perché ci aiuta a vedere che abbiamo in comune una passione: l’annuncio del Regno, che questo chiede di passare attraverso mezzi poveri che dicano la rinuncia ad un potere – presunto o reale –, che oggi dobbiamo far prendere carne al principio inclusivo del progetto di Dio, che è salvezza per tutti.

L’ultimo passaggio è lo sguardo sulla Chiesa. L’esperienza più importante per Paolino è quella dell’amicizia in Cristo, il mediterraneo diventa il luogo di questi incontri reali o epistolari che cementano una fraternità che oggi verrebbe ritradotta nei termini di capacità di relazioni, la via della bellezza delle Basiliche è un linguaggio che le nostre comunità dovrebbero riprendere a saper parlare, la capacità di tener fisso lo sguardo sul Regno e su Cristo, l’ultimo passaggio che diventa anche il primo passo necessario di uno sguardo nuovo. Ormai il sole è tramontato da tempo, quando questo incontro ha termine portando dentro il cuore il desiderio di una nuova alba.

 

 

Nota della redazione

I Carmi e le Lettere di San Paolino ci testimoniano il suo profondo senso delle relazioni umane e fraterne. Per lui il dono delle relazioni si fonda sul mistero della Trinità, sul dono di essere la Chiesa del Signore: “È nel fuoco dello Spirito - scrive il vescovo Domenico Sorrentino in L’amore di unità, Impegno e Dialogo, n.9 - la radice e il fondamento del rapporto di amicizia vissuto dal Santo Nolano: un rapporto che trae dal mistero la sua linfa vitale…L’amico è per Paolino il riflesso di Cristo stesso…Grazie allo Spirito Santo, la Chiesa appare come una Persona in molte persone”.

E proprio il tema del fondamento trinitario dell'amicizia è stato al centro degli ultimi incontri promossi presso le Basiliche di Cimitile dalla comunità parrocchiale di San Felice in Pincis con l'obiettivo di far nuovamente splendere il complesso paleocristiano quale oasi di pace e spiritualità. 

Quella proposta è una sintesi - comparsa anche sull'ultimo numero di inDialogo - della relazione tenuta dal vicario generale Lino d’Onofrio, dedicata al tema “Quale Profezia di Paolino per la nostra Chiesa contemporanea?”: attraverso la categoria dello «sguardo» il relatore ha proposto una lettura dell’esistenza del nobile romano che scelse Cristo; una guida attuale per vivere la povertà, la comunione e la cura delle relazioni.             




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