Per annunciare è importante saper ascoltare

Intervistato da inDialogo, padre Ermes Ronchi ha parlato di clericalismo, bisogno di comunione, valorizzazione del laicato, in particolare delle donne.

 

«Ogni credente è un innamorato e ogni innamorato è un profeta che annuncia l’eternità di una relazione».

Quando padre Ermes Ronchi ha pronunciato queste parole durante l’incontro promosso dalla comunità interparrocchiale di San Pietro Apostolo e Immacolata di Cicciano, lo scorso 15 gennaio, la sala si è riempita di un silenzio estasiato. Poi divenuto silenzio pensieroso. Di chi è innamorato il credente? Quando si è innamorati, l’amato diventa come l’aria. Ronchi è stato invitato in occasione della festa di Sant’Antonio Abate e la sua relazione ha avuto come sfondo la vita santa dell’eremita che, ha ricordato, lasciò queste parole in eredità ai suoi confratelli: «Respirate sempre Cristo». Cristo è l’aria per il credente, come l’amato per l’amante. Quando incontro padre Ronchi per intervistarlo, diventa inevitabile partire dal suo riferimento agli innamorati e al loro essere annunciatori dell’eternità.

Padre Ronchi, annunciare la gioia del Vangelo oggi sembra difficile: c’è meno amore per Dio e per l’uomo, c’è meno fede? Penso che il problema oggi sia un cuore avaro, che non è in grado di uscire dall’individualismo, che si può curare soltanto con la dilatazione del cuore e col ricevere direzioni. La nostra fatica, anche nella Chiesa, la nostra infinita tristezza – come dice papa Francesco – si cura solo con un infinito amore. Dobbiamo imparare la manutenzione del cuore perché siamo capaci di fare manutenzione della casa, della macchina, ma non della nostra capacità di dare e ricevere amore. La felicità dell’uomo e della donna, la felicità di questa vita si pesa sul dare e ricevere amore.

C’è una parolina, che oggi facciamo un po’ fatica a pronunciare: «noi». Possiamo dire che anche a livello ecclesiale c’è un difetto di comunione? Sì, c’è un problema di comunione perché c’è un problema di fiducia nell’altro: non si ha fiducia nelle persone, non si ha fiducia nella politica, nella giustizia. Si fa grande fatica: è la crisi della fiducia, dell’atto umano del credere che blocca anche l’atto di fede in Dio.

Tempi difficili da interpretare, anche per la Chiesa. Ci vuole un certo distacco per guardare il tempo e valutarlo. Bisognerebbe guardarlo dall’alto, da una fessura di cielo, la stessa che si aprì su Gesù durante il suo battesimo. Così da avere una stella polare che ci aiuti ad avere un orientamento di fondo senza il quale tutto l’immediato si confonde e diventa enorme. Se non si ha il distacco di un punto di vista superiore diventa difficile capire e discernere.

Lei ha detto che «il credente è colui che genera buoni legami»: come cattolici dovremmo ricordarcene di più, soprattutto per la cura del bene comune. Bisogna recuperare l’umiltà di mettersi dentro le situazioni. Bisogna capire le vere domande della gente e quindi ascoltare. Ascoltare non le sensazioni, ma il grido, la domanda. Chi non sa ascoltare è incapace di parlare, non sa dire parole che toccano il cuore.

Tessere relazioni, vivere per l’amore: oggi vale ancora la pena? E per cosa varrebbe la pena vivere? Senza l’amore sopravvivi. Qual è il contenuto della fede? Io credo l’amore che Dio ha in noi. Credo l’amore, che è una scheggia infuocata di Dio nel nostro cuore. L’amore ha la carica mistica per mettere l’altro prima di me, questo è ciò che cambia la vita.

Per testimoniare quest’amore, pastoralmente, si dovrebbe ripensare la parrocchia? Io vengo da un territorio dove le parrocchie tendono ad accorparsi. Ma questo non risolve i problemi. Bisogna trovare altre forme di coinvolgimento pastorale. La risposta è la corresponsabilità dei laici. Bisogna eliminare la linea che divide ancora clero e laicato. L’Evangelii Gaudium ci ricorda che la gente è evangelizzata dalla gente: chi tiene realmente in piedi le parrocchie? I laici. E questo va riconosciuto.

Un recupero del noi forte, dunque. E la donna? La donna ha un ruolo determinante per la valorizzazione del Vangelo. C’è un capitale di incarnazione del Vangelo nelle donne non ancora sfruttato, e per far fiorire tutti i colori del Vangelo il contributo delle donne è determinante. Il clericalismo sarà scardinato dalle donne.

 

 

L'intervista è comparsa sull'ultimo numero di inDialogo, il mensile diocesano

 

 

 

 

 




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