Formiamo coscienze che rispettino la differenza di genere

Tre domande al professore di teologia morale don Salvatore Purcaro sul rapporto tra teoria del gender e dottrina cristiana

Un incontro alla luce del Vaticano II quello promosso lo scorso 11 ottobre dal Consultorio dell’Arciconfraternita San Raffaele Arcangelo di Nola, e dedicato alla delicata questione del rapporto tra teoria del gender e dottrina cristiana. Tra i relatori anche don Salvatore Purcaro, docente di Teologia Morale presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli (sezione San Luigi), raggiunto telefonicamente *.

Professore, perché la teoria del gender viene percepita come un pericolo?

Sarebbe più giusto parlare di ‘teorie’ gender stante la frammentarietà degli approcci al tema dell’orientamento sessuale che risente – non di rado – dell’influsso di diverse ideologie (in ambito genetico, economico, politico). La loro pericolosità é attivata dai tentativi di distorsione della natura umana che tendono a manipolarne l’identità personale. Per questo è difficile parlare di una ‘positività’ della sintesi teoretica gender; piuttosto si può parlare di una positività dei principi ispiratori: ad esempio trovare una soluzione alla disuguaglianza sociale e lavorativa tra i sessi, oppure fronteggiare il dramma dell’omofo
bia. Tuttavia, la risposta non può essere annullare la differenza di genere, ma formare ad una coscienza che sappia mantenere e rispettare le differenze tra maschio e femmina che non sono solo un aspetto biologico ma esistenziale.

Come si esprime il Magistero in merito?

Recentemente si é pronunciata specificamente sul tema la Congregazione della Dottrina della Fede, con l’Istruzione Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione gender e sull’educazione. Ma già nel 2004 la Congregazione in Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, ribadiva l’insegnamento del Pontificio Consiglio della Famiglia, negando la legittimità che una persona potesse o dovesse ‘modellarsi a suo piacimento’. Interveniva quattro anni dopo Benedetto XVI, in un Discorso alla Curia romana dichiarando che il ‘gender’ si risolve spesso ‘nell’autoemancipazione dell’uomo dal creato e dal Creatore’ e che il ‘disprezzo’ verso il Creatore si risolverebbe solo nell’’autodistruzione dell’uomo’. Più esplicitamente ancora, Benedetto XVI contestò la celebre affermazione di Simone de Beauvoir – ‘Donna non si nasce, lo si diventa’ – nel 2012, durante il Discorso natalizio. Il Santo Padre evidenziò la ‘profonda erroneità’ e la ‘rivoluzione antropologica’ nascoste nel lemma ‘gender’. Secondo tale errore, ‘l’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano’. Nega cioè ‘la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela’. Papa Francesco si è riferito al gender in due occasioni. Il 22 marzo 2015, durante l’incontro con i Giovani a Napoli, aveva definito la teoria del gender ‘uno sbaglio della mente umana che fa tanta confusione’. E, successivamente, all’Udienza del 15 aprile 2015, si è domandato se la ‘cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale, perché non sa più confrontarsi con essa’.

È possibile un dialogo sul tema tra cattolici e sostenitori della teoria?

Un dialogo con i sostenitori è possibilie, non credo sulla possibilità della teoria così definita, ma sui principi sani di riferimento: cioè il ruolo di pari opportunità della donna e il ripudio dell’omofobia. E nel confronto credo sia necessario ribadire che nella tradizione cattolica per ‘natura’ non abbiamo inteso solo il dato biologico (o biologistico), piuttosto che a partire dall’essere concreto, la persona umana ha una natura fisica, storica, relazionale. Natura umana, dunque, come senso e significato.

*intervista pubblicata su inDialogo, Ottobre 2019




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