Nello sguardo il segno della pace

La riflessione di don Vito Cucca, sul reciproco scambio della pace di Cristo durante la celebrazione liturgica



a cura di don Vito Cucca, liturgista

Il covid-19 ci ha costretti a rivedere un po’ le nostre abitudini, ovunque, anche in chiesa! Posti ridotti, mascherine e igenizzanti obbligatori, distanza di sicurezza. Ma più di ogni altra cosa l’impossibilità di scambiarci il segno di pace, prima della comunione, ci sembra una menomazione.

Tuttavia il cardinale Bassetti, alla vigilia della riapertura del culto ai fedeli, ci ha ricordato che le mascherine e i contatti ridotti possono essere letti simbolicamente, come un invito a riscoprire la forza dello sguardo. Anche il Santo Padre, ogni mattina a Santa Marta, ha continuato a dire “Scambiatevi il segno della pace”. Qualcuno gli ha detto che non era più opportuna quella monizione, ma il Papa ha risposto che non ci si può scambiare la pace avvicinandosi e dandosi la mano, ma lo si può fare anche a distanza con un sorriso, uno sguardo dolce e benevolo, che diventano un modo di comunicare pace, gioia e amore.

Ecco, il segno di Pace non è sospeso o cancellato dalla celebrazione eucaristica, ma è entrato in un’altra fase della sua evoluzione. Non dimentichiamoci che anticamente veniva manifestato da un bacio, come espressione di fraterna concordia. Collocato prima dell’Offertorio a suggello dell’Oratio fidelium, si scambiava tra i membri della grande famiglia cristiana, e veniva soprattutto donato ai neofiti che entravano a farne parte, in segno di quel vinculum pacis, che da quel momento li avrebbe legati alla Comunità (cf. Giustino, I Apologia 65). In seguito, dall’inizio del V secolo, la diminuzione dei catecumeni, la complessa cerimonia delle offerte e forse l’introduzione del Pater alla fine della Prece consacratoria, favorì il trasferimento del bacio prima della Comunione (Righetti). A partire dai primi anni del XIII sec. il bacio tra i sacerdoti fu sostituito dall’abbraccio, mentre ai fedeli il celebrante cominciò a trasmettere la sua pace dando a baciare prima la patena o un libro liturgico, poi uno strumento apposito chiamato osculatorium o tabula pacis. Alla fine del Medioevo, per evitare abusi e frivolezze all’interno delle chiese, a poco a poco il bacio scomparve e si passò alla semplice stretta di mano.

Infine, in questi ultimi giorni, il gesto liturgico si è trasformato in uno sguardo, un saluto, un cenno del capo. Pur restando a debita distanza dobbiamo continuare a scambiarci la pace e augurarcela vicendevolmente! Ma ricordiamoci che non è una semplice pace umana già conquistata, o che può essere raggiunta mediante l’amicizia o la solidarietà. Si tratta invece della pace di Cristo risorto, comunicata attraverso il suo Spirito, artefice della pace dei cuori di ognuno dei fedeli nella Chiesa. In verità, non ci può essere pace che non abbia la sua origine nella Trinità. «L’assemblea liturgica riceve la propria unità dalla “comunione dello Spirito Santo” che riunisce i figli di Dio nell’unico Corpo di Cristo» (CCC n1097)





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