Dalla coscienza isolata all'accusa di sè

Una lunga e puntuale riflessione su "Ritorniamo a sognare. La strada verso un futuro migliore", libro scritto da papa Francesco in collaborazione con lo scrittore e giornalista britannico Austen Ivereight.

 
a cura di Mariella Vitale

 

«Dopo Pasqua, è stato annunciato che il Papa aveva nominato una commissione vaticana allo scopo di consultare esperti internazionali sul mondo post-Covid. Aveva chiesto a quella commissione di ‘preparare il futuro’: vedeva che la Chiesa non doveva soltanto rispondere a ciò che sarebbe venuto, ma contribuire a plasmarlo». È così che nasce Ritorniamo a sognare. La strada verso un futuro migliore, il libro scritto da papa Francesco, perché «gli desse lo spazio di sviluppare i suoi pensieri e li mettesse a disposizione di un pubblico più ampio», secondo il racconto del con-curatore Austen Ivereight, scrittore e giornalista britannico, già autore di due biografie di Bergoglio. Lo stesso ha proposto al pontefice il metodo «vedere-giudicare-agire», tipico della Chiesa latinoamericana, come ripartizione del testo.

Il Papa affronta il tema della crisi drammatica che stiamo vivendo, provando a infondere nuova motivazione nei credenti, ma anche un forte incoraggiamento a tutti; sottolinea come la creazione di Dio sia una realtà dinamica, mai cristallizzata in una comoda stasi, invita a prendere sul serio e rimettere al centro le conquiste di civiltà del genere umano, in particolare dell'Occidente, nell'era moderna, affermando che «la fratellanza darà alla libertà e all'uguaglianza il loro giusto posto nella sinfonia». Partendo dal ricordo dei morti in solitudine di covid e di coloro che lottano per sopravvivere alla crisi economica conseguente, sottolinea che «la crisi è un tempo di purificazione», che «quelle stesse persone che oggi si trovano ai margini della società devono diventare i protagonisti dei cambiamenti sociali», che «se lasci che ti cambi ne esci migliore. Se invece alzi le barricate, ne esci peggiore». «Possiamo fare passi indietro o creare qualcosa che non c'era», perché «le categorie e i presupposti con cui finora ci orientavamo nel nostro mondo non sono più adeguati».

Un passaggio significativo è sull'importanza di ritrovare il senso di appartenenza nell'unità di “popolo” e la necessità di rafforzare le istituzioni «riserva vitale di energia morale e di amore civico». Osserva che «oggi i nostri popoli non provano più gioia: c'è una tristezza che non può essere alleviata con il piacere e lo svago», che «l'ipertrofia dell'individuo va di pari passo con la debolezza dello stato. Come mostra la storia, una volta che la gente perde il sentimento del bene comune cadiamo nell'anarchia, nell'autoritarismo, o in entrambi: diventiamo una società violenta e instabile». Ma ancor più interessante è il concetto di popolo tracciato da Bergoglio: «La categoria mitica di popolo attinge a molte fonti e al tempo stesso le esprime: storiche, linguistiche, culturali (specialmente la musica e la danza), ma soprattutto rinvia alla saggezza e alla memoria collettive. Un popolo è tenuto insieme da quella memoria, custodita nella storia, nei costumi, nei riti (non solo religiosi) e in altri legami che trascendono ciò che è meramente utilitaristico e razionale». Qui il Papa, oltre a ricordare l'importanza della memoria storica, mostra una conoscenza intima e profonda del concetto di identità culturale, andando a evidenziare addirittura il ruolo della musica e della danza (e pensando al Sudamerica ci vengono in mente il tango argentino e la samba brasiliana, così lontani dalla morigeratezza ecclesiale…).

Francesco ci ha abituati alla potenza delle sue aperture, che vogliono essere messaggi di amore all'umanità e inviti all'ascolto dello Spirito; qui rinnova tale invito introducendo il concetto di “traboccamento”, come rottura degli argini della mentalità corrente, dato dalla grazia divina, capace di far andare oltre nel senso della giustizia e della misericordia, e che trova nella sofferenza dei periodi di crisi un momento favorevole. Per far spazio alla grazia divina però è necessario tenere a bada quei fenomeni di chiusura, qui definiti “coscienza isolata”, presunte superiorità ideali miste a meschinità ed egoismi, da cui nascono le ideologie politiche e talune divisioni all'interno della Chiesa. «Gesù non ha fondato la Chiesa come una cittadella per puri»: essa è piuttosto «una scuola di conversione, un luogo di lotta e di discernimento spirituale, dove la grazia abbonda insieme al peccato e alla tentazione». L'antidoto alla “coscienza isolata” è “l'accusa di sé”, contrapposta all'abitudine di scaricare sempre su altri le responsabilità per ciò che non va, perché «l'accusa degli altri ignora Dio; l'accusa di sé ci apre a Lui».

Il Pontefice si sofferma diffusamente sull’importanza della sinodalità come momento di crescita per la Chiesa e ricorda le insidie che hanno funestato alcuni tra gli ultimi grandi eventi ecclesiali, come il Sinodo sulla famiglia e quello sull'Amazzonia, ma la messa in discussione dell'“io”, con una sana e costante autocritica, va di pari passo innanzitutto con la messa in discussione di un ordine mondiale basato sulla disuguaglianza e su ingenti danni ecologici, su cui Francesco torna più volte. Oltre a sottolineare i danni materiali del neoliberismo dominante, il papa esprime preoccupazione per “una certa cultura mediatica che cerca di sradicare, volutamente, le giovani generazioni dalle loro tradizioni più ricche, spogliandole della storia, della cultura e del patrimonio religioso. Una persona sradicata è molto facile da dominare”.

Alla fine del testo, papa Francesco rimette in evidenza i beni essenziali per gli esseri umani, messi a repentaglio ogni giorno per individui e famiglie dal capitalismo neoliberista senza freni: la terra (ribadendo tra l'altro l'importanza di raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per il 2030), la casa (vista in senso più esteso come habitat, nel senso di promuovere città a misura d'uomo, in luogo di “centri urbani senz'anima, senza storia”), il lavoro (che “non è un privilegio esclusivo di chi ha un'occupazione e nemmeno dei datori di lavoro”). Già nel prologo il pontefice aveva premesso: «Non possiamo tornare alla falsa sicurezza delle strutture politiche ed economiche che avevamo prima della crisi. Ci servono economie che consentano a tutti di avere accesso ai frutti della creazione, alle necessità basilari della vita: terra, casa e lavoro». E soggiunge: «Dobbiamo andare oltre l'idea che il lavoro di chi bada a un familiare, o di una madre a tempo pieno, o di un volontario in un progetto sociale che assiste centinaia di bambini, non sia un lavoro perché non riceve un salario. Una componente vitale del nostro ripensamento del mondo post-Covid sta nel riconoscere il valore, per la società del lavoro, dei lavori non remunerati. Ecco perché credo che sia tempo di esplorare concetti come la Retribuzione universale di base (RUB), nota anche come imposta negativa sul reddito: una retribuzione fissa e incondizionata a tutti i cittadini, che si potrebbe distribuire attraverso il sistema fiscale».

L'apertura alla proposta di un Reddito di base incondizionato, un assegno mensile per tutti, da riequilibrare tramite la fiscalità progressiva, in campo da diversi anni ma attualmente sempre più diffusa a causa dei danni ingenti alle economie di molti paesi, è probabilmente la novità più significativa del libro del Papa, perché Francesco, andando molto oltre la tendenza della Dottrina sociale della Chiesa a mantenersi sulla genericità di principi, giunge a riconoscere come eticamente accettabile una soluzione concreta, ancora respinta da alcuni come immorale poiché non sarebbe giusto né possibile dare denaro senza che ci sia in cambio la produzione di beni o servizi tangibili. Tuttavia Bergoglio dà qui un esempio lampante di cosa possa significare abbandonare convinzioni superate dall'incalzare dei cambiamenti per aprirsi a soluzioni innovative ai problemi di oggi. «La RUB – prosegue il Papa – ridefinirebbe le relazioni nel mercato del lavoro, garantendo alle persone la dignità di rifiutare condizioni lavorative che le inchiodano alla povertà. Darebbe alle persone la sicurezza basilare di cui hanno bisogno, cancellerebbe lo stigma dell'assistenzialismo e renderebbe più facile passare da un impiego all'altro, come sempre più richiedono gli imperativi tecnologici nel mondo del lavoro. Politiche come quella della RUB aiutano le persone anche a combinare le attività remunerative con il tempo riservato alla comunità».

Per molti può essere difficile immaginare che una soluzione simile sia a portata di mano, poiché dal nostro orizzonte visivo rifuggono gli immensi capitali prodotti grazie allo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni, mentre vi campeggiano stabili e tristi le macerie morali e materiali prodotte nella società da un mercato del lavoro sempre più iniquo e disfunzionale, basato sul profitto per chi ha in mano i mezzi di produzione, anziché sull'equa distribuzione della ricchezza e la salvaguardia del creato. Con il diffondersi dell'automazione robotica nei processi produttivi (e a breve anche nei servizi) e la necessità impellente di una riconversione industriale nel senso della sostenibilità ambientale pare inevitabile la perdita di ulteriori posti di lavoro e la necessità di investire sulla creatività per generare tipi di lavoro che non esistono ancora. Ma Francesco incoraggia a cercare nuove vie ed evidenzia l'importanza e l'alta dignità del lavoro umano con parole chiare: «All'umanità è stato dato l'incarico di cambiare, costruire e dominare la creazione, […] Quindi il futuro non dipende da un meccanismo invisibile di cui gli esseri umani sono spettatori passivi. No, siamo protagonisti, siamo – forzando la parola – concreatori».

È evidente che la soluzione del Reddito di base universale sia pensata su scala planetaria per ridurre le diseguaglianze tra i super ricchi e gli ultimi del mondo, come d'altra parte, aveva contribuito a fare la rivista Civiltà Cattolica con un intervento a firma del gesuita Gaël Giraud (Economista, direttore di ricerche al CNRS di Parigi), a seguito del primo pronunciamento dello stesso pontefice, in occasione della Pasqua, nella Lettera ai movimenti popolari, dei quali pure si parla ampiamente in questo libro, con cui da tempo egli ha intessuto un dialogo. Tuttavia in molti paesi occidentali il dibattito è aperto e nel Vecchio continente è in atto una consultazione ufficiale diretta alle istituzioni europee per assegnare un reddito di base a tutti i cittadini dell'Unione, che raccoglie ogni giorno nuove adesioni e potrebbe essere l'apripista per un intervento globale di redistribuzione della ricchezza, capace di consolidare il sistema capitalistico messo in crisi da pesanti squilibri, all'insegna di quei concetti di “libertà, uguaglianza e fraternità” che proprio in Europa sono stati proclamati e a cui il papa ha invitato a tornare.

 




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