La vocazione non è un affare solo mio

Il contributo di Francesco Pacia e Italo Prisco per la Giornata di preghiera per le vocazioni

a cura di Francesco Pacia e Italo Prisco

seminaristi

Fissatolo, lo amò» (Mc 19,21). Ci sono sguardi che hanno il potere di cambiare la vita. Noi nasciamo veramente quando qualcuno ci guarda e vede oltre la scorza, vede il sogno che possiamo essere. Sì, noi siamo un sogno. Il sogno di Dio. Il sogno di una pienezza capace di partorire un di più di vita. Si tratta di perdere. Di non trattenere. Di permettere che la propria carne e la propria storia, anche ferite, diventino la carne e la storia di Dio: l’ennesimo irrompere della salvezza, che vuole entrare in ogni casa, raggiungere ogni uomo. Non è facile. Non perché Dio viene a calare dall’alto un disegno preconfezionato, da accettare passivamente, ma perché inizia un’avventura a due, che ti apre al mondo e ti fa dono; inizia un amore, che ti dilata il cuore… nella radicalità della fedeltà quotidiana fino al farsi pane per la fame di vita e di senso del mondo. Vita. Dare la vita. È questo ciò che ogni chiamata porta in sé. Essere padre e madre, generare salvezza dove imperversa la morte. Sfidarla con la propria fragilità, risorta con il Risorto, riscattare l’inconsistenza del limite, risanare la fraternità ferita dall’egoismo e dall’indifferenza.

La vocazione non è affare solo mio. Ci fa membra di un unico corpo. 

Ci educa a farci pellegrini sui sentieri della diversità per diventare custodi dell’unicità di ognuno e corresponsabili del grande bene della vita. Come ogni relazione, anche la vocazione è il frutto di un incontro che si inserisce nel vissuto quotidiano, e chiama a rivedere l’orientamento, a riscrivere i propri progetti, investendoli di un senso più ampio che non si esaurisce nell’orizzonte personale ma, responsabilizzandomi, mi coinvolge con la storia delle donne e degli uomini di ogni tempo. Un po’ com’è successo a Giuseppe e al suo cuore di innamorato di Maria e di giusto servo del Signore.

Lui è rimasto nell’imprevedibilità del Dio che gli ha sconvolto ‘la vita da sogno’,

che si aspettava, per donargli il ‘sogno di una vita’, che ha permesso a Gesù di incarnarsi e alla sua salvezza di compiersi. Tessitore di un sogno fermentato in lui, che lo ha plasmato nel dialogo con Maria, con Dio e persino con i dubbi, Giuseppe è diventato da quello che poteva essere – padre di una famiglia qualunque – a custode di una Famiglia che abbraccia tutta l’umanità, la Chiesa. Una Chiesa, che da allora sa che sono i sogni di Dio a costruire un mondo più umano. 

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