Meglio un po' di scuola che niente

Il punto di vista di un diciassettenne sulla Didattica a distanza

a cura di Vincenzo Fabbricatore

L’11 marzo dello scorso anno, l’Organizzazione Mondiale della Sanità annunciava lo stato di pandemia globale. Il virus è stato portatore di enormi cambiamenti, in ogni sfaccettatura della vita quotidiana. Una delle categorie maggiormente colpite è sicuramente la mia: quella degli studenti. La Didattica a distanza (Dad) è stata la soluzione adottata per garantire continuità alle lezioni. Una scelta, quella dell'operatività a distanza, che non è stato utilizzato solo dalle scuole ma anche in altri ambiti come gruppi scout, associazioni cattoliche e nel lavoro, con lo smart-working. E così, abbiamo seguito le lezioni, da casa, tramite un dispositivo elettronico.

Ma il percorso in Dad non è stato lo stesso per tutte le scuole italiane.

Non tutte le strutture avevano l’occorrente per attivarsi, quindi ognuno ha fatto la propria strada. Alcuni istituti hanno iniziato subito, altri si sono mossi a piccoli passi, altri ancora hanno cominciato con mesi di ritardo. Già prima che tutte le scuole si mettessero in carreggiata, piovevano critiche e lamentele sul sistema attuato. E tutti abbiamo chiuso gli occhi e iniziato a parlare a vanvera, lamentandoci costantemente della situazionema la Dad ma davvero è un male? 

Stare chiuso in casa e distante dai propri compagni e docenti non ha certamente un risvolto positivo sull’umore e lo stato psicologico dell’alunno, situazione analoga per il docente. Molti esperti si sono espressi sulle conseguenze di questo metodo, e si è parlato dell’aumento di fenomeni come gli “Hikikomori”, persone che si isolano dalla società. Si è parlato di depressione. Nel corso di questi mesi si sono potuti osservare sfoghi di ogni tipo, soprattutto da studenti stremati.

Ho potuto constatare quanta indifferenza ci sia in alcuni adulti, che, non vivendo la situazione in prima persona, ci etichettano come nullafacenti.

Chi si è schierato contro questo tipo di didattica sono le “Mamme No DAD”. Si sono tenute manifestazioni pacifiche con messaggi a favore del ritorno in presenza. Chiunque sarebbe stato in accordo con le manifestanti, ma sembra stessero ignorando il problema. Ogni volta che si è tentata la presenza si è finiti per tornare in Dad. A differenza nostra, altre nazioni sono riuscite a evitare la Dad, questo perché noi abbiamo problemi presenti da anni, e che non sono risolvibili da un giorno all’altro. Un esempio sono i trasporti, che, almeno al sud, presentano poca efficienza. Bisogna accettare le restrizioni e resistere, tenere duro,

perché nonostante tutto siamo in un'era in cui è stato possibile salvare qualcosa. Le tecnologie attuali ci hanno permesso grandi cose.

Stare ore davanti al computer non è facile. È frustrante non poter avere il compagno affianco, per scambiarsi un sorriso, una battuta, una matita. È frustrante non avere il vero contatto con i propri alunni. Ciò che viene a mancare è l’umanità. Si guarda allo schermo, ed pieno di visi smorti. Nonostante ciò, a qualcosa bisognava rinunciare, vi chiedo solo di tornare un po’ indietro nel tempo: se fosse successo una trentina di anni fa? La tecnologia non sarebbe stata così avanzata e probabilmente, oltre all’umanità, si sarebbe dovuto rinunciare anche all’istruzione. Allargando il campo d’azione si andrebbe a considerare la situazione che vivono paesi meno sviluppati del nostro, che non possono permettersi la Dad. Oppure guardiamo verso un altro tipo di guerra. Ci sono persone che vivono nei campi profughi, hanno cibo razionato e ascoltano il rumore dei bombardamenti. Sono certo che preferirebbero di gran lunga combattere la nostra di guerra. In conclusione sì, lamentarsi è lecito, io lo faccio ogni giorno, ma se vogliamo davvero guardarla in modo più ampio, siamo stati e siamo davvero fortunati.




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