Cei: ad Assissi la 78ª Assemblea Generale Straordinaria

Nel segno della speranza e della pace l'apertura dei lavori che si chiuderanno giovedì 16 novembre. Alcuni passaggi dell'introduzione del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei

Si è aperta ieri, 13 novembre, la 78ª Assemblea Generale Straordinaria della Conferenza episcopale italiana (Cei), convocata ad Assisi (Domus Pacis, Santa Maria degli Angeli) fino al giovedì 16 novembre. 

«La scelta di Assisi quale sede dell’Assemblea generale straordinaria assume un significato ancora più forte in questo momento storico, segnato da violenze e guerre. I vescovi si ritroveranno sulla tomba di San Francesco, Patrono d’Italia, per invocare il dono della pace per il mondo intero», ha sottolineato Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Cei.

Nel pomeriggio di mercoledì 15, alle 17.45, infatti, i presuli reciteranno il Vespro nella Basilica di Santa Chiara e al termine, in processione, si recheranno alla Basilica Inferiore per la celebrazione della Messa e la preghiera sulla tomba del Santo.

I lavori avranno come tema principale la Ratio formationis sacerdotalis per i Seminari in Italia”. I vescovi saranno chiamati ad esaminare e approvare il documento che coniuga l’adeguamento alla Ratio Fundamentalis con i contributi dei presuli e dei formatori, offrendo orientamenti comuni e indicazioni condivise perché ogni singola Conferenza episcopale regionale possa costruire il progetto formativo dei propri Seminari.

All’ordine del giorno anche l’elezione del presidente della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese e alcune comunicazioni riguardanti il Cammino sinodale delle Chiese in Italia, la 50ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024, la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili: alla vigilia della III Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, che si celebrerà il 18 novembre, sarà presentata ai vescovi la seconda rilevazione sulla rete territoriale per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili.

Zuppi, presidente Cei: «Illuminiamo il mondo con la speranza del Vangelo»

Come di consueto, a dare il via ai lavori è stato il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna.

Il desiderio della speranza ha fatto da filo conduttore al suo discorso introduttivo: «Pensando a questa introduzione mi sono chiesto cosa mi stia più a cuore in questo tempo assai delicato, che la nostra Chiesa e l’umanità intera stanno attraversando: è la speranza. Questa libera dal suo contrario, la velenosa disillusione con quello che comporta e la disperazione che prende il sopravvento quando il buio avvolge tutta la vita. Come credenti, non solo viviamo nella storia, ma ce ne facciamo anche carico, cercando di illuminarla con la luce del Vangelo. Mi sono fatto accompagnare dal primo protagonista che nella Bibbia ha incarnato questa virtù in modo a volte drammatico: Abramo. Di lui San Paolo dice: «Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza» (Rm 4,18). Questa frase della Lettera ai Romani è il filo conduttore di quanto vorrei esporre, che riguarda in primo luogo le dinamiche del mondo nel quale capiamo quelle interne della nostra Chiesa e del nostro Paese».

«Chiamati a rifondare la libertà»

«Siamo passati dalla rigidità delle ideologie o dalla fermezza dei principi di qualche decennio fa alla liquidità dei pensieri e dei riferimenti o alla frammentarietà delle reazioni. Questo fenomeno ben si attaglia al mondo social e al suo metodo di comunicazione, divenuto mentalità corrente - ha aggiunto monsignor Zuppi -. È questa la libertà? O una vera dipendenza dalle sollecitazioni del momento, dai disegni di consumo o di controllo? C’è il problema vero di rifondare la libertà, che non è indifferenza o casualità. Riguarda anche le nostre comunità. C’è una fatica della Chiesa e del popolo cristiano a parlare, ad essere rilevanti, a interloquire nella nostra società. Non basta parlare tra noi, magari per contrapporsi e finendo così per indebolirci. La comunione permette, anzi richiede, il confronto, ma senza c’è solo il divisivo, sterile scontro, che causa la sempre diabolica divisione».

«La pace come dono e impegno»

Poi il presidente Cei ha rivolto il pensiero al bisogno di pace. «Il primo pensiero è rivolto alle guerre che dominano gli scenari del mondo, con il loro tragico seguito di morti, violenze, distruzioni, barbarie e profughi. Queste guerre fanno temere che la Terza Guerra mondiale a pezzi – come ripete da tanti anni Papa Francesco – possa diventare un’unica guerra. Non è pessimismo, ma realismo e responsabilità, che portano a chiedere che il mondo si fermi sulla via della guerra! Che il mondo non accetti che sia solo l’uso delle armi a regolare i conflitti! Che i responsabili politici considerino qual è il prezzo di tanti conflitti, l’eredità avvelenata alle generazioni future e scelgano strumenti condivisi e sovranazionali di composizione di conflitti. Non c’è pace senza sicurezza e questa non può essere garantita solo dalle armi! La pace, insomma, è il problema dei problemi, perché la guerra genera ogni male e versa ovunque i suoi veleni di odio e violenza, che raggiungono tutti, pandemia di morte che minaccia il mondo. Tutto è perduto con la guerra: lo sappiamo, ma non impariamo! Addirittura tanta cultura diventa cedevole nell’accettazione della guerra come fosse una compagna naturale, se non dolorosamente benefica, della storia dei popoli. L’alternativa alla guerra è riprendere a trattare con buona volontà e rispetto dei vicendevoli diritti. Non bisogna smettere di credere che si può arrivare a comprendersi! Non è ingenuità, ma responsabilità! Ogni guerra è sempre «un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male», afferma il Papa nella Fratelli tutti (n. 261). Questa sconfitta la pagano soprattutto i piccoli», ha sottolineato il presidente Cei che ha poi richiamato i conflitti in Nagorno Karabakh, in Sudan e in Terra Santa: «Il brutale attacco terroristico di Hamas il 7 ottobre scorso ha dolorosamente e vilmente colpito Israele con tanti morti innocenti e il seguito dei rapiti nelle mani dei terroristi, sulla cui sorte trepidiamo e chiediamo siano restituiti alle loro famiglie - ha detto l'arcivescovo Zuppi - . L’attacco ha sconvolto il popolo israeliano e suscitato la reazione militare d’Israele contro Hamas sulla striscia di Gaza. Questa a sua volta ha causato al popolo palestinese, in gran parte profughi, migliaia di vittime innocenti, molti dei quali bambini. Le lacrime sono tutte uguali. Ogni uomo ucciso significa perdere il mondo intero. Facciamo nostre le parole di Papa Francesco che, in contatto giornaliero con la parrocchia cattolica di Gaza, ha dichiarato all’Angelus qualche settimana fa: «A Gaza, in particolare, si lascino spazi per garantire gli aiuti umanitari e siano liberati subito gli ostaggi. Che nessuno abbandoni la possibilità di fermare le armi. Cessi il fuoco!» (29 ottobre 2023). L’odio non deve mai giustificare la violenza contro gli innocenti. Tra pochi giorni, esattamente il 10 dicembre, ricorrerà il 75° anniversario della Dichiarazione dei diritti umani. In quei trenta articoli si condensava la coscienza che l’umanità aveva maturato di sé all’indomani della Seconda Guerra mondiale. I drammi di quella guerra e lo shock delle morti di milioni di civili innocenti anche con l’uso della bomba atomica hanno di certo favorito quella presa di coscienza: nel dolore, l’umanità intera ha trovato un terreno comune di condivisione e – mi verrebbe da dire – di fraternità. Molte volte si constata che, di fatto, i diritti umani non sono uguali per tutti. Il rispetto di tali diritti «è condizione preliminare per lo stesso sviluppo sociale ed economico di un Paese» (Fratelli tutti, n. 22)».

Il cardinale Zuppi si è quindi soffermato sul necessario impegno per la Casa Comune perché, ha precisato, «Se dobbiamo imparare a rendere la nostra casa comune davvero la casa dei “Fratelli tutti”, dobbiamo anche difenderla dalla distruzione ambientale che renderebbe impossibile la vita», e sulla centralità del Mediterraneo, «credo che come Chiese in Italia dobbiamo fare nostro questo sguardo, continuare gli incontri per incoraggiare strategie di accoglienza che rispettino la persona umana».

«In Italia si pensi soprattutto ai più indifesi»

L'arcivescovo di Bologna ha poi rivolto il suo sguardo all'Italia e prima di tutto ai 'suoi' poveri: «A questo punto vorrei chiedermi: come sta la nostra gente? Come sta la nostra Italia? Gli ultimi dati Istat ci dicono che nel nostro Paese nel 2022 i poveri assoluti sono il 9,7% del totale della popolazione, cioè quasi 5 milioni 700mila persone. E, dato ancor più allarmante, tra questi poveri rientra il 21% delle famiglie con 3 o più figli minori. Ovviamente non dobbiamo accontentarci di sciorinare numeri, come sottolinea papa Francesco nel Messaggio per la VII Giornata Mondiale dei Poveri. Ed in effetti mi preme rilevare l’impegno quotidiano di tantissimi operatori e volontari che rappresentano le mani, il cuore, la mente di un servizio che non è ad utenti, ma ai nostri fratelli più piccoli, come celebreremo nella prossima domenica “dei poveri” che ci aiuta a vivere il legame eucaristico tra l’altare e il servizio. "Se condividiamo il pane del cielo, come non condivideremo quello della terra?", ricordava il cardinale Lercaro. Davanti a molte vite negate si rinnova l’impegno in difesa della vita, per affrontare nuove sfide con fermezza e rinnovata speranza. Lasciamoci sorprendere dalla vita e difendiamola sempre, abbiamo scritto nel Messaggio per la prossima Giornata della vita (4 febbraio 2024), che avrà per tema “La forza della vita ci sorprende. Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?’ (Mc 8,36)"». Pensare alla vita significa pensare soprattutto ai più indifesi. A questo proposito, esprimiamo vicinanza alla famiglia della piccola Indi, facendoci prossimi al dolore dei genitori. Ci uniamo alla preghiera di Papa Francesco per la piccola e per tutti i bambini che vivono situazioni di sofferenza», ha detto Zuppi, per poi richiamare l'attenzione sulla “questione casa”:  «Il costo di mutui e affitti rischiano di strozzare molte famiglie che hanno lavori precari e sottopagati - ha continuato il presidente Cei -. Sentiamo la necessità di una “politica” della casa che interpella tutti. Nelle città turistiche si preferisce guadagnare trasformando gli appartamenti in B&B piuttosto che affittare a prezzi calmierati alle famiglie o a studenti fuori sede. La somma di egoismi fa perdere di vista il rapporto tra la proprietà e il bene comune, tra i beni privati e la destinazione universale dei beni. Guardando al futuro del nostro Paese, alla crisi della natalità che da anni suscita grande preoccupazione ma non altrettante risposte, penso alla presenza di persone di origine non italiana, giunte qui emigrando: i loro figli, cresciuti con i nostri, parlano la nostra lingua e si pensano tra noi. Nessun governo finora ha posto mano seriamente a dare la cittadinanza a chi cresce in Italia, per offrire l’orgoglio di sentirsi pienamente parte di una comunità della quale vivere diritti e doveri. Non abbiamo ancora tutti gli elementi per comprendere come sarà realizzata la creazione dei centri in Albania per i richiedenti asilo. Auspichiamo che i diritti umani dei richiedenti asilo siano rispettati. Riaffermiamo che sui migranti serve un’azione dell’Europa corale, comune e condivisa dove l’esternalizzazione non può essere la soluzione».

Zuppi: «Bisogna riaffezionare gli italiani alla Repubblica» 

«L’Italia, in un momento così delicato economicamente e socialmente, sta discutendo su un tema impegnativo, la riforma costituzionale. Ho già detto – in un precedente intervento – che per un’efficace riforma, che tocca meccanismi delicati del funzionamento della democrazia, è indispensabile creare un clima costituente, capace di coinvolgere quanto più possibile le varie componenti non solo politiche, com’è ovvio e come fu all’origine della Costituzione, ma anche culturali e sociali. Siamo ancora lontani da questo e non posso che ripetere l’invito, perché la Costituzione sia di tutti e sia sentita da tutti. Costituzione significa anche questo: statuire insieme, perché non si vive di solo presente e per costruire il futuro anche il passato, la nostra storia democratica, può offrire una lezione di sapienza», ha ancora sottolineato monsignor Zuppi affrontando l'argomento della riforma costituzionale, aggiungendo che «bisogna riaffezionare gli italiani alla Repubblica, alla casa comune. Se i legami sociali si allentano, è invece necessario rafforzarli, sentendosi parte di un destino comune. La Chiesa in Italia è al servizio della gente. Lo fa, prima di tutto, nella prospettiva della sua missione: predicare il Regno di Dio e prendersi cura delle sofferenze e delle malattie. In questo quadro difficile dal punto di vista sociale, anche la preparazione della 50ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia di Trieste, che si terrà dal 3 al 7 luglio 2024, e che ha come tema Al cuore della Democrazia, ci aiuta a mettere al centro della nostra cura pastorale la vita delle persone nella sua concretezza. La partecipazione democratica parte da qui. Se come comunità credente vogliamo collocarci “al cuore della democrazia”, dobbiamo favorire tutte le espressioni di vita sociale che consentono di salvaguardare la dignità delle persone».

Cammino sinodale: tempo di suggestioni concrete per scelte comuni

Poi, il presidente della Cei si è soffermato sul Cammino sinodale: «In occasione dell’Assemblea generale ordinaria dello scorso maggio - h detto - ho avuto modo di dire che eravamo giunti a un “giro di boa” nella navigazione del Cammino sinodale. In effetti, in questi mesi abbiamo avviato nelle nostre diocesi la fase cosiddetta “sapienziale”, che ci vede impegnati nel discernimento. Insieme con i Pastori, anche tanti laici sono stati protagonisti motivati della fase narrativa. Si tratta ora di individuare le priorità tra le tematiche emerse nella fase “narrativa”, per identificare le decisioni che ci attendono nell’ultima fase, quella “profetica”. Ci siamo quindi disposti a individuare i criteri di discernimento, a partire dalla Parola di Dio e dalle caratteristiche proprie delle nostre realtà ecclesiali. Siamo chiamati a offrire buone pratiche, a verifiche sapienti del tanto vissuto, anche per non ricominciare “sempre da capo”, che poi sappiamo come genera sconforto e aumenta la disillusione. Aspettiamo suggestioni concrete per scelte comuni necessarie ad offrire a tutti quel volto di Chiesa madre che Papa Francesco ha richiesto nel suo discorso di Firenze. In questo stesso spirito missionario è stato avviato anche il processo di riforma degli Uffici e dei Servizi della Segreteria generale della Conferenza Episcopale Italiana. La CEI è casa nostra e vogliamo che sia sempre più accogliente ed efficace nel suo servizio. L’obiettivo è quello di una struttura certamente più essenziale, snella e, per questo, più efficace nel supportare i Vescovi nel loro ministero. Siamo solo all’inizio del confronto fedeli ai principi che devono ispirare la riforma, missionarietà, sinodalità e diaconia. Ne abbiamo bisogno. Non si tratta di una mera riorganizzazione, ma del frutto di un percorso condiviso, in quel confronto che stiamo sperimentando in questi anni. Il tempo che abbiamo davanti ci vedrà quindi impegnati in questo compito improrogabile, nella consapevolezza che lungo il cammino potrebbe realisticamente essere opportuno compiere alcuni adeguamenti»; sull'’impegno per la tutela dei minori: «Un altro punto, che porto alla vostra attenzione, riguarda la Tutela dei minori, che resta una delle nostre preoccupazioni principali - ha aggiunto monsignor Zuppi  Per attuare le cinque linee di azione emerse dalla scorsa Assemblea generale (23-27 maggio 2022) è stata potenziata la rete dei referenti diocesani e implementata la costituzione dei Centri di ascolto, che ormai coprono l’intero territorio nazionale. La seconda Rilevazione sulle attività di tutela dei minori degli adulti vulnerabili nelle Diocesi italiane, che verrà consegnata in questi giorni, conferma l’impegno continuo delle nostre Chiese nel consolidare ambienti più sicuri per i minori attraverso la formazione degli operatori pastorali. Nelle équipe che affiancano i Servizi e i Centri di ascolto sono diverse centinaia gli uomini e le donne che impegnano la loro passione per la Chiesa e le loro competenze professionali in questo delicato servizio. Nei prossimi giorni, si terrà a Roma il Primo incontro nazionale dei referenti territoriali dei Servizi, che si concluderà sabato 18 novembre con la Celebrazione della Santa Messa, la preghiera in San Pietro e l’Udienza con il Santo Padre in occasione della III Giornata Nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi. Sentiamo sempre come prioritaria l’accoglienza delle vittime, consapevoli che «solo l’ascolto vero del dolore delle persone che hanno sofferto questo crimine ci apre alla solidarietà e ci interpella a fare tutto il possibile perché l’abuso non si ripeta. Questa è l’unica via per passare dal sapere qualcosa sull’abuso sessuale al sentire, patire, conoscere e cercare di comprendere ciò che è realmente accaduto nella vita di una vittima, così da sentirci interpellati a un rinnovamento personale e comunitario» (CEI, Linee guida per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, 2019)».

Monsignor Zuppi: «Il prete non è una figura del passato»

Infine un ultimo passaggio sulla Ratio dei Seminari. «In questa Assemblea Generale ci occuperemo della formazione dei futuri preti con l’esame della Ratio nazionale per i Seminari. Il nostro confronto non deve essere ripiegato sul solo presente, ma richiede la profondità di un futuro in cui lo Spirito certamente ci suggerirà e ci ispirerà le scelte migliori per l’intero popolo di Dio. Avviandomi alla conclusione – e mi scuso per la lunghezza – vorrei riservare una parola particolare proprio ai preti, ringraziandoli per la generosa dedizione all’edificazione del popolo di Dio. Più volte è stata segnalata la difficoltà di alcuni presbiteri a promuovere il Cammino sinodale ed entrare nelle sue dinamiche. È vero, non possiamo negarlo. È anche vero però che moltissimi si stanno invece impegnando e stanno offrendo un contributo essenziale per questo percorso. Del resto, il desiderio di una Chiesa più evangelica, più dinamica e meno burocratizzata, è stato espresso unanimemente anche dai preti e i passi in questa direzione andranno a beneficio del loro indispensabile ministero, chiamati a presiedere nella comunione, a confermare i ministeri che daranno forma ed efficacia alle nostre comunità. Questo avviene, però, se arde il cuore nel petto per l’ascolto della Parola, se gli occhi si sono aperti nella presenza di Cristo nello spezzare del pane, se cerchiamo la prossimità con i tanti compagni di strada, anzi tutti i compagni di strada, ripartendo dal kerigma e dalla semplicità della nostra vita. I preti italiani, nel complesso, hanno mostrato una dedizione di fronte ai cambiamenti e alle nuove sfide: hanno saputo uscire dalle istituzioni, come ci ha chiesto Papa Francesco, ma anche prendersene cura con i mutamenti necessari. Il diminuito numero dei preti può indurre a pensare in maniera pessimistica che il prete sia una figura del passato. Non è così! La figura e il ministero del prete sono decisivi nella Chiesa di oggi e nella Chiesa del futuro. Il popolo cristiano lo sa e ci tiene ai suoi preti e li cerca, come constato tante volte. Il prete è l’uomo del futuro, ispirato dal Vangelo e dal modello di Gesù: vive per gli altri, per la sua comunità, per i poveri, ma anche per coloro che sono lontani ed estranei al suo ambiente. La mia non è un’esaltazione retorica del prete, ma l’espressione della convinzione profonda della Chiesa, vorrei dire di popolo, sulla necessità del prete e sulla positività del suo ministero nella Chiesa in Italia, pur essendo tutti noi persone limitate e peccatrici. Assieme al motivato grazie ai preti italiani per la loro fatica, esprimo la convinta speranza che nel futuro il ministero sacerdotale fiorirà nel contesto di una Chiesa-comunione. La sinodalità non toglie nulla al ministero, anzi lo richiede di più: qualcosa cambia, ma anche domanda di lavorare più con gli altri, meno soli e gravati di tanti compiti. Qui si comprende bene il significato del “presiedere”, che si esprime sommamente nella liturgia eucaristica, ma che si riverbera in tutta la vita comunitaria con il suo valore, spirituale, sapienziale e pastorale. In una Chiesa-comunione che sa promuovere tutte le vocazioni, presiedere non significa comandare: il prete è decisivo in una Chiesa di popolo, che parli alla gente del Vangelo di Gesù e che sia fermento nella storia del nostro Paese. Parlando dei Seminari, manifestiamo la nostra fiducia nei preti di oggi e di domani, sapendo quanto la nostra speranza è legata ad essi. C’è santità tra i preti italiani. Lo mostrano i martiri recenti nel clero italiano, la cui santità è riconosciuta, come don Pino Puglisi o don Giovanni Fornasini, ucciso nel 1944, nella mia diocesi, dai nazisti. E faccio solo due esempi di come i preti sanno vivere con le persone, tra le loro gioie e le loro angosce. E se necessario anche morire. Ce lo ricordava Papa Francesco: «La Chiesa italiana ha grandi santi il cui esempio possono aiutarla a vivere la fede con umiltà, disinteresse e letizia, da Francesco d’Assisi a Filippo Neri. Ma pensiamo anche alla semplicità di personaggi inventati come don Camillo che fa coppia con Peppone. Mi colpisce come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente. Di sé don Camillo diceva: “Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro”» (Incontro con i rappresentanti del V Convegno nazionale della Chiesa Italiana, 10 novembre 2015). Ecco perché la Chiesa tutta sceglie di vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto».




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