Duns Scoto, l'Immacolata Concezione e l'amore di Dio

Il direttore dell'Istituto Superiore Interdiocesano di Scienze Religiose Nola-Acerra, don Francesco Iannone, ricorda l'appassionata difesa che il teologo francescano tenne, a Parigi, della dottrina secondo la quale la Vergine è stata concepita senza il peccato originale

a cura di don Francesco Iannone*

Parigi, 1305. Un giovane Frate Francescano (ha circa 39 anni), teologo già famoso, si avvia pensoso verso la Sorbona, a quei tempi la più famosa Facoltà di teologia del mondo (aveva addirittura l’autorità di scomunicare…). Era Giovanni Duns Scoto. Andava a difendersi in quella Facoltà dall’accusa di insegnare una dottrina nuova e pericolosa: l’Immacolata Concezione di Maria, secondo la quale la Vergine era stata concepita senza il peccato originale, tutta santa fin dal primo istante della sua vita nel seno di Sua madre.

Non era uno scherzo, né un semplice dibattito tra studiosi: era in gioco – niente di meno! – la fede nella universale redenzione del genere umano operata da Cristo. Non si va contro san Paolo: “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio e sono giustificati gratuitamente per mezzo della redenzione in Cristo Gesù” (Rm 3, 23-24; cfr Rm 5). Maria, come ogni creatura umana, non può fare eccezione: prima di Cristo e senza Cristo non c’è salvezza. Una creatura umana che non contrae il peccato originale rende vana la Croce di Cristo, perché non avrebbe bisogno di redenzione. Si può sostenere al massimo che Maria, contratto come tutti il peccato originale, ne viene poi subito liberata mediante una “redenzione anticipata” (così argomentavano i grandi santi e Padri fino a quel momento, da Agostino fino ad Anselmo d’Aosta, da Tommaso d’Aquino agli scolastici, tutti convinti della sublime santità della Madonna ma nessuno disposto a farne una impossibile eccezione alla necessità salvifica della Croce) ma affermare che non abbia avuto nessuna macchia di peccato prima che Cristo redimesse il mondo con la sua Passione non era possibile.

In questo ragionamento, però, all’apparenza così logico, Duns Scoto aveva colto una debolezza: non è il peccato ad avere la prima parola nella creazione e nemmeno nella redenzione, bensì è il disegno dell’amore infinito di Dio. L’amore di Dio è prima del peccato e oltre il peccato. È sempre Paolo infatti a cantare nella Lettera agli Efesini. “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo.In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità,predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo,secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto” (Ef 1, 3-7). Più che ragionare sul peccato, Scoto contempla l’amore sommo di Dio che vuole l’uomo unito a Sé in un dialogo di amore che “assorbe” anche il peccato in un abbraccio di riconciliazione e di perdono infinito. Il peccato non può determinare né condizionare la Volontà salvifica di Dio ma è superato da essa.

E così il Nostro va alla Sorbona, deciso a difendere la "redenzione preventiva" o "preservativa". Diversamente dagli Scolastici, Scoto non dice che Maria fu concepita nel peccato originale e poi redenta, ma che fu concepita senza peccato originale. Il suo ragionamento ribaltò i termini della questione: Maria non fu un'anomala eccezione (o un caso anticipato) dell'opera redentiva di Cristo, ma la conseguenza della più perfetta ed efficace azione salvifica dell’Amore di Dio. Non esiste soltanto la redenzione che cura il male ma anche una redenzione che preserva dal male: è sempre Cristo, e solo Lui, che redime Maria ma la redime perfettamente, preservando più che curando. Tanto poteva fare il Suo Amore per la Madre e tanto fece. Maria non è sottratta alla redenzione, ma in previsione della Morte di Cristo è da Lui perfettamente redenta perché la sua libertà, preservata dal peccato, fosse capace di collaborare generosamente e perfettamente con l’opera del Redentore.

Il successo fu strepitoso. I legati papali presenti alla Disputa conferirono a Scoto il titolo di “Dottore sottile”. E da quel momento la dottrina della Immacolata cominciò ad essere insegnata nella Sorbona. Non fu la fine, ma l’inizio di un dibattito acceso che durò cinque secoli (famosa fu la disputa davanti al Papa Sisto IV, nel 1480, durante la quale lo scotista Francesco Nani rispose a duecento obiezioni in un giorno!). La strada però era stata aperta: e l’8 dicembre 1854 il Papa Pio IX, con la bolla Ineffabilis Deus Providentia dichiarava la dottrina dell’Immacolato concepimento di Maria dogma di fede per tutta la Chiesa.

Tutto questo mi è venuto in mente ieri sera in Cattedrale. Durante la processione, la statua della Vergine Immacolata si è inclinata leggermente proprio davanti alla Cappella del beato Duns Scoto. Ho voluto vederci un gesto di tenerezza della Madonna verso il Suo Cavaliere, e anche verso la nostra Chiesa di Nola, che da secoli promuove e custodisce il culto al Teologo francescano fino ad averne favorito il riconoscimento da parte del Papa san Giovanni Paolo II trenta anni fa, il 20 marzo 1994. Ma i rapporti tra Scoto e Nola li racconteremo un’altra volta….

* direttore dell'Issr Duns Scoto e rettore del Seminario vescovile di Nola





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