Quaresima e riconciliazione: la catechesi di monsignor Erasmo Napolitano

Giovedì 22 febbraio il via all'itinerario di preghiera proposto dal Capitolo della Cattedrale con la catechesi del presidente

Il Capitolo della Cattedrale di Nola ha dato il via a un itinerario di riflessione e preghiera per una fruttuosa celebrazione del Sacramento della Riconciliazione. Quattro sono le tappe attraverso le quali i relatori condurranno i fedeli interessati in un cammino che porti “Dal buio del peccato alla luce del perdono”, come suggerisce il titolo dell’iniziativa. Il primo appuntamento si è tenuto giovedì 22 febbraio con la meditazione del presidente dell’organo collegiale, monsignor Erasmo Napolitano, sul tema “Quaresima: tempo sacro di penitenza e riconciliazione”.

Si continuerà giovedì 29 febbraio con il parroco della Cattedrale, don Domenico De Risi, che guiderà la meditazione su “Il male e il senso del peccato”. Il 7 marzo, invece, il tema “Coscienza della colpa e aspirazione al perdono” sarà presentato dal vicario generale della diocesi di Nola, monsignor Pasquale Capasso. Il 14 marzo, poi, il tesoriere della Cattedrale, don Angelo Masullo, terrà una catechesi su “Dal dovere di confessarsi alla grazia della Confessione". L’itinerario si concluderà il 21 marzo con la liturgia penitenziale presieduta da don Arcangelo Iovino.

Le catechesi si svolgeranno sempre in Cattedrale, alle 19:00, dopo la Celebrazione eucaristica e l’esposizione del SS. Sacramento. Sacerdoti saranno disponibili per la Confessione.

Quaresima, penitenza e riconciliazione: la catechesi di monsignor Erasmo Napolitano

Questo il testo della catechesi tenuta dal presidente del Capitolo della Cattedrale di Nola, monsignor Erasmo Napolitano.

“Quaresima: tempo sacro di penitenza e riconciliazione”

Con l’austero e significativo rito dell’imposizione delle Ceneri di mercoledì dell’altra settimana, abbiamo iniziato insieme, come comunità parrocchiali, il tempo liturgico della Quaresima, tempo di grazia che la divina provvidenza, ogni anno, ci offre per rivedere la nostra vita e convertirla alla luce della Parola di Dio.

La seconda lettura del Mercoledì delle Ceneri, tratta dalla seconda lettera di San Paolo ai Corinzi (5,20-6,2), ci ha aiutati e ci aiuta tuttora a capire bene il significato di questo tempo sacro: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza” (6,2). L’Apostolo Paolo ci ha, inoltre, supplicato di lasciarci “riconciliare con Dio” (5,20) e ci ha esortati “a non accogliere invano la grazia di Dio” (6,1).

Alla luce di questo brano della Parola di Dio, dobbiamo tenere presenti due cose: 

  • Il tempo della Quaresima è un “momento favorevole” ed è “il giorno della salvezza”; proprio per questo, dobbiamo considerare la Quaresima un “tempo di Grazia”, una “opportunità di salvezza”; non è un tempo, un’occasione da sciupare o da sottovalutare. È tempo di Grazia!
  • Alla Grazia non dobbiamo opporre resistenza; l’Apostolo scrive: “lasciatevi riconciliare con Dio” (v.20). Ci invita, in tal modo, a non opporre resistenza all’azione della Grazia divina che vuole rinnovarci, che vuole ricrearci (polvere delle ceneri e acqua del battesimo per rimpastare e fare nuovamente l’essere umano); a non opporci allo Spirito Santo, a non meritarci il rimprovero di santo Stefano nel grande discorso tenuto a Gerusalemme prima di essere lapidato: “O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo” (At 7,51).

Ci è chiesto di disporci all’opera della Grazia di Dio e dire come la Vergine Maria: “Eccomi …, avvenga di me quello che tu hai detto” (Lc 1,38), il resto lo farà il Signore con la nostra collaborazione. Se lasciamo fare a Dio, potremmo dire, sempre come la Vergine santa: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente” (Lc 1,49).

Chiediamoci, con tutta onestà, come stiamo vivendo questo tempo, questa opportunità; se ci siamo resi disponibili alla grazia di Dio, come abbiamo vissuto questa prima settimana di Quaresima. Dinanzi al Signore solennemente esposto nel Ss. Sacramento, abbiamo ascoltato il brano del profeta Gioele (2,12-18), che ci è stato proposto come prima lettura sempre il Mercoledì delle Ceneri.

Questa sera lo vogliamo assaporare nuovamente per coglierne maggiormente il messaggio. Gioele (che significa “adoratore di Dio”), è un profeta di cui sappiamo quasi niente. Nell'introduzione al suo breve testo, si presenta semplicemente come figlio di Pethuel (1,1) e le date della sua esistenza sono sconosciute; potrebbe essere vissuto in un arco di tempo che varia dal IX secolo a.C. al V secolo a.C. e, secondo gli studiosi della Bibbia, è vissuto quasi certamente a Gerusalemme. È considerato il profeta della Pentecoste avendo profetizzato l’effusione dello Spirito Santo avvenuta cinquanta giorni dopo la Pasqua (cfr. At 2, 1-4).   

Il brano di Gioele ci fa capire che la quaresima non è un tempo facile, ma è un tempo di combattimento: “Suonate la tromba in Sion, proclamate un digiuno, convocate un’adunanza solenne”. Anche la preghiera colletta del Mercoledì delle Ceneri ci ha fatto pregare dicendo: “O Dio, nostro Padre, concedi, al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male” (Messale Romano).

Tutti siamo coinvolti in questo “combattimento contro lo spirito del male” (cfr. Orazione colletta); dice il profeta: “Chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca la sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo” (vv.15-16). Per due volte, in modo esplicito, il profeta dice: “Ritornate” (vv.12-13).

La quaresima consiste principalmente in questo: ritornare al Signore (v.13). Ritornare è l’atteggiamento del c.d. “figliol prodigo” (Lc 15, 11-32) il quale “rientrò in sé stesso” (v. 17), cioè resosi conto della situazione di miseria e di tristezza che comporta lo stare lontano dal Padre, decise di alzarsi (v. 18) e di tornare a casa lasciandosi abbracciare dal perdono del Padre (vv.20-21). La Quaresima in modo del tutto speciale è il tempo “favorevole” per tornare al Signore, “che largamente perdona” (Is 55,7).

Il “ritornare” significa due cose: 

a) mettersi in cammino (il figliol prodigo “si incamminò verso suo Padre”, v.20), un cammino interiore lasciandoci guidare dallo Spirito Santo, dalla Grazia di Dio. A tale proposito, l’apostolo Paolo, nella lettera ai Galati (5, 16-21) scrive: “Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio”.

E nella lettera ai Romani, San Paolo scrive: “Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio” (8, 6-8). Non dobbiamo mai dimenticare che il cristianesimo non è una dottrina, un “sapere”, ma una persona da seguire, amare e imitare: Gesù Cristo, “il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16) come disse san Pietro a Gesù e che il Vangelo di oggi, festa della Cattedra di San Pietro, ci ha ricordato. Camminare seguendo lo Spirito Santo, seguendo Gesù, che è “la Via” (Gv 14,6). 

b) ritornare al Signore significa convertirci. Ma che significa “conversione” per chi è già “credente”?

Convertirsi significa, come ci ricorda il profeta Isaia, “smettere di fare il male, imparare a fare il bene” (1, 16-17). Togliere il male dalla nostra vita. Convertirsi significa dare a Dio la possibilità di trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne, come dice il Signore per bocca del profeta Ezechiele (36,26): “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”. 

Convertirsi significa volgere seriamente e concretamente la nostra vita a Cristo come la Maddalena, Maria di Magdala che il mattino di Pasqua, recandosi al sepolcro di Gesù e sentendosi chiamare per nome, “si voltò” (Gv 20,16). “Voltarsi” a Cristo significa conformarsi a Lui (Rom 8,29). Convertirsi non significa, però, ripiegarsi su sé stessi, ma guardare avanti con fiducia.

La consapevolezza di essere peccatori “ho peccato contro il cielo e contro di te” dirà il Figliol prodigo (Lc 15,18) deve essere il punto di partenza, non il punto di arrivo. L’autore della Lettera agli Ebrei ci insegna: “Deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (12, 1-2). E San Paolo, a sua volta, scrive: “Dimentico del passato e proteso verso il futuro” (Fil 3,13)

Vivere la Quaresima, convertirsi, non significa solamente digiunare, astenersi dalle carni, pregare di più e meglio, fare le opere di carità (tutte cose vere e giuste da farsi), ma, come ci dice il profeta Gioele, dobbiamo lacerarci “il cuore e non le vesti” (2,13).

Ad una pratica esteriore, deve corrispondere una vera conversione interiore.

Venerdì scorso durante la Messa abbiamo pregato (e lo faremo altre volte in questo tempo di Quaresima): “Accompagna con la tua benevolenza, Padre misericordioso, i primi passi del nostro cammino penitenziale, perché all’osservanza esteriore corrisponda un profondo rinnovamento dello spirito” (Colletta di venerdì dopo le ceneri).

Si comprende bene anche che il tempo della Quaresima non è un tempo triste, cupo, ecc., ma è tempo di gioia, di festa; lo ha detto Gesù: “Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,7). Per ogni figlio che ritorna a casa dal Padre misericordioso sarà preparata una grande festa: “E cominciarono a fare festa” (Lc 15,24).

È, dunque, chiaro il cammino che insieme vogliamo percorrere nei giovedì di Quaresima sotto lo sguardo di Gesù, solennemente esposto, illuminati dalla Parola di Dio, guidati dallo Spirito Santo, sostenuti e incoraggiati dall’intercessione della Vergine Maria, “madre di misericordia” (cfr. Salve, Regina), “Rifugio dei peccatori” (Litanie Lauretane), verso l’abbraccio con il Padre misericordioso.

Vogliamo camminare, come fratelli, aiutandoci gli uni con gli altri, “dal buio del peccato alla luce del perdono” (Tema incontri). Viviamo, quindi, la “Quaresima, come tempo sacro di penitenza e riconciliazione” (tema incontro odierno). Torniamo al Signore con tutto il cuore, lacerandoci non solo le vesti, ma il cuore.

Chiediamo al Signore di trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne; di farci volgere la nostra vita a Cristo, a farci sentire la gravità del peccato e la gioia di essere perdonati perché infinitamente amati. Proprio per questo, metteremo davanti a Gesù Eucaristia questi cuori chiedendogli di trasformali da cuori di legno in cuori di carne. Li riprenderemo a conclusione dei nostri incontri, quando ci sarà la liturgia penitenziale, permettendo alla Signore di trasformarli con il lavorio della sua Grazia.

Come ci ha chiesto il profeta Gioiele, noi sacerdoti diciamo con le lacrime agli occhi: “Perdona, Signore, al tuo popolo” (2,17). Ma anche voi implorate per noi sacerdoti la misericordia di Dio. Imploriamo la misericordia di Dio gli uni per gli altri, noi per voi e voi per noi.

Ripetiamo non solo con le labbra il ritornello del salmo che abbiamo pregato insieme: “Perdonaci, Signore, abbiamo peccato” (Rit. Salmo resp. Mercoledì delle ceneri) e a tutti il Signore dirà, come al paralitico: “Ti sono rimessi i peccati” (Mt 9,5). E sarà festa per noi e per Dio. Amen.

 




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