Per un'etica dell'intelligenza artificiale

La riflessione di don Aniello Tortora, vicario della diocesi di Nola per la Carità e la Giustizia in occasione della veglia diocesana del 1 maggio, festa di san Giuseppe lavoratore, dedicata al tema "IA e etica: la società va verso un nuovo umanesimo?"

La sfida dell'Intelligenza Artificiale (Al) ci impone di rendere il valore morale della centralità della persona qualcosa di comprensibile da una macchina. Per farlo serve un linguaggio universale: un algoretica che ricordi costantemente che la macchina è a servizio dell'uomo e non viceversa.

Gli sviluppi dell'Al sono velocissimi e le macchine impareranno a processare le informazioni in maniera esponenziale. La nostra comprensione di ciò che è giusto e vero riuscirà ad andare di pari passo e influenzare il sistema di pensiero degli algoritmi?

Fede in Gesù Cristo e Intelligenza artificiale

Dobbiamo partire dall'inizio: in teologia ciò che è affermabile di Dio e segnatamente di Cristo deve fare sempre i conti con la Scrittura, essa rappresenta il vincolo di ortodossia di ogni ragionamento e ipotesi articolabile.

Dobbiamo quindi indagare se esista nella Scrittura un nesso tra quanto è di Cristo e quanto noi sappiamo rispetto all'Intelligenza artificiale o, per meglio favorire la comprensione, più in generale rispetto alla tecnologia.

È importante notare come nella Bibbia, a differenza di altre tradizioni religiose, non vi sia alcun accenno a intelligenze artificiali, manufatti pensanti o a robot. A differenza  della mitologia greca (Prometeo, Pandora, Talos, gli androidi dell'liade e dell'Odissea), di quella ebraica (Golem) o di quella cinese taoista (Libro del Vuoto perfetto) non c'è traccia di una tecnologia che sostituisce l'essere umano, di una tecnologia post umana. Ma vi è invece tanta tecnologia, tantissima, ed in momenti e ruoli strategici.

Il punto centrale della vicenda divino-umana di Gesù è, come  sappiamo, la sua morte di croce a cui fa seguito la risurrezione. È la Pasqua cristiana  I passaggio dalla morte alla vita che si innesta nella Pasqua ebraica che ricorda il  passaggio dalla schiavitù d'Egitto alla vita nella terra promessa.

Cosa possiamo leggere in questi segni? Che la vita piena dell'essere umano nasce dall'alleanza tra Dio e l'essere umano anche là dove egli si esprime nella sua cultura tecnologica. A rafforzare questa tesi è lo stesso mestiere di Cristo che, figlio del falegname è falegname egli stesso. Il termine greco usato nei Vangeli è anche più che falegname: è carpentiere, scalpellino, artigiano, un ventaglio semantico che raccoglie tutti mestieri che al tempo di Gesù erano i mestieri tecnologici.

Tornando dunque all'intelligenza artificiale ed il suo rapporto con il Cristianesimo possiamo qui sottolineare un aspetto fondativo che si desume dall'insegnamento e dalla vita concreta di Cristo.

La condizione per essere suoi discepoli Gesù la esplicita così: «Se qualcuno vuol venire  dietro di me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua». Colui che decide di seguire Cristo sceglie un distacco dalla propria vita che dovrà mantenere nel concreto nel corso dell'esistenza sino all'ineludibile morte.

Questo atteggiamento garantisce la vita eterna nel futuro, un perdere per acquistare dunque, ma per un bene che si consuma nella storia. Brevemente il significato della pericope, soprattutto nel Vangelo di Marco sta a dire: Cristo ha portato un messaggio di riconciliazione tra Dio e l'umanità e per l'umanità, affinché viva una fratellanza ed una comunione piena.

Questo messaggio è osteggiato e sempre lo sarà nella storia perché nella divisione tra Dio e l'essere umano e tra gli esseri umani tra loro, ci sarà chi ne trarrà vantaggio. Quindi essere discepoli significa spendere la propria vita affinché personalmente e come umanità vi possano essere le condizioni di comunione tra l'essere umano e Dio e, a partire da questa comunione fontale che sostiene nell'amore e nella pace, vi possa essere comunione degli esseri umani tra loro.  

Costi quello che costi, anche la vita, come dimostra la storia di sempre in cui i cristiani sono la categoria sociale più perseguitata e che paga il più alto prezzo di sangue, sia ieri sia purtroppo anche oggi.

Quale etica dell'intelligenza artificiale ne consegue?  Un'etica che comporti una Intelligenza artificiale che generi inclusione e comunione. Una potenza che è servizio, che non diventi un idolo a cui asservire ogni attività  umana. Un'Intelligenza artificiale per l'uomo che non esclude l'umano, un'Intelligenza artificiale che resta mezzo e non diventa fine, uno sviluppo ed una ricerca che siano antropici cioè custodi dell'umano anche nella sua integrità.

La cristologia richiama anche la comunione Dio che non può essere confusa con una generica comunione con un tutto cosmico o che si sublima nella comunione con l'umanità. Rispetto all'etica dell'Intelligenza artificiale questo significa l'onestà e la chiarezza nel definire non solo quello che l'IA è, ma anche quello che non è e che non sarà. In un clima mistico religioso in cui si confonde spesso la materia con il trascendente e l'immateriale con il metafisico, urge dare a Cesare ciò che è di Cesare  e a Dio ciò che è di Dio.







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