Le nostre parrocchie diventino arcobaleno di speranza

Sulla scia del Convegno diocesano a Madonna dell'Arco, la lettera pastorale del vescovo Francesco Marino: "Da Emmaus alle nostre parrocchie. Una traccia per ritornare in comunità"

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«Un metodo: ascoltare-discernere-interpretare; un criterio: coniugare Vangelo ed esperienza umana; uno stile: la condivisione e la testimonianza sull’esempio del Signore Gesù».

Sono questi gli strumenti che il vescovo di Nola, Francesco Marino, indica alla diocesi che guida dal 2017, nella lettera pastorale Da Emmaus alle nostre parrocchie, pensata come traccia per un ‘ritorno nelle comunità parrocchiali’ – come recita il sottotitolo del testo episcopale -  dopo il convegno di fine settembre, svoltosi a Madonna dell’Arco. Tre strumenti cui il vescovo Marino aggiunge una bussola: l'Evangelii Gaudium di Papa Francesco.

Primo punto: la strada da seguire, il metodo: «Con la singolare intuizione di San Giovanni Paolo II - scrive monsignor Marino - possiamo ancora una volta riscoprire che l’uomo è la via della Chiesa e ‘essendo quindi quest’uomo la via della Chiesa, via della quotidiana sua vita ed esperienza, della sua missione e fatica, la Chiesa del nostro tempo deve essere, in modo sempre nuovo, consapevole della di lui situazione’ (Redemptor Hominis, 14). È necessario tornare ad ascoltarsi reciprocamente attraverso la cura per le relazioni tra i laici e tra i laici e i presbiteri». Un metodo che diventa impegno per tutti, da declinare nelle singole concrete realtà parrocchiali per un unico servizio alla Chiesa, avendo cura di prestare attenzione alla relazione con la Parola, alla cura delle famiglie, all’accompagnamento dei poveri, «lontano da autoreferenzialità e sclerotizzazioni, esse - le parrocchie - dovranno puntare sul dinamismo spirituale e su una conversione pastorale basata sull’annuncio della Parola di Dio, la vita sacramentale e la testimonianza della carità. La “cultura dell’incontro” dovrà essere, inoltre, il contesto necessario a promuovere il dialogo, la solidarietà e l’apertura verso tutti: in tal modo, le comunità parrocchiali potranno sviluppare una vera e propria “arte della vicinanza”».

I tempi odierni richiedono un cambiamento dell’agire missionario parrocchiale, sottolinea il vescovo Marino ma «naturalmente, - aggiunge - tali processi di cambiamento dovranno essere flessibili e graduali, perché ogni progetto va situato nella vita reale di una comunità, senza essere imposto dall’alto e senza “clericalizzare” il servizio pastorale. Lo ricordavo anche nel discorso iniziale al Convegno di settembre nel Santuario di Madonna dell’Arco: perché un laico non potrebbe guidare la preghiera? Perché non potrebbe commentare la Parola di Dio (al di fuori dell’omelia)? Perché non potrebbe diventare attore di una convocazione di piccole comunità, di una cura dei problemi delle persone, non in sostituzione del prete, ma in riferimento a un parroco talvolta in difficoltà e molto oberato? È importante trovare insieme, nei vari Consigli diocesani e parrocchiali le forme di attuazione di questo auspicio. Al cuore di ogni slancio pastorale sono le persone, l’annuncio della fede e il cammino verso la sua maturità. A questo scopo vedo proficuo – rispondendo anche alla sollecitazione che è emersa nei gruppi studi al Convegno – l’istituzione di incontri periodici a livello cittadino o decanale nella forma del consiglio pastorale (sebbene senza sostituirsi o accavallarsi a quello diocesano e parrocchiale che già godono di propri e obbligatori statuti) che possano contribuire ad una lettura del territorio e orientare l’attività missionaria di evangelizzazione in una parte circoscritta della Diocesi»

Il metodo indicato è però da attuare sempre e solo in Cristo, spiega il vescovo di Nola, Cristo è il criterio, il «compito dell’evangelizzazione è racchiuso nel trasmettere in ogni epoca della storia ciò che riguarda Cristo - ecco perché - ho voluto indicare l’importanza della sacra Scrittura nei percorsi parrocchiali ed ecclesiali più in generale – in particolare - affidando ai genitori del catechismo il mandato di “spezzare la Parola” in famiglia parallelamente alla presenza in parrocchia per la celebrazione eucaristica – e proponendo -  la pratica della lectio divina a tutti i fedeli. Ciò avvenga in modo da non mortificare, ma valorizzando esperienze già avviate (eventualmente da gruppi e associazioni); predisponendo almeno nei tempi forti dell’Avvento, della Quaresima e della Pasqua alcune celebrazioni comunitarie di lectio divina; suggerendo questo metodo come forma di preghiera ordinaria per i gruppi e le associazioni parrocchiali e favorendone la pratica anche personale per i fedeli che lo desiderano. Fu questa un’indicazione offerta dal Sinodo che non va persa o dimenticata, anzi è necessario sempre più intensificarla. Può essere questa una realtà peculiare che vede il coinvolgimento diretto di laici, maturi e formati, per questo servizio».

Ma questo tempo in cui la comunità cristiana è chiamata ad evangelizzare è un tempo di mancanze e ferite: «Ecco perché oggi non possiamo essere tranquilli, - scrive ancora Marino - ma dobbiamo evidenziare questa mancanza di essenza prima ancora che di presenza: un buon numero di persone non sono tornate alla Messa domenicale dopo la riapertura delle celebrazioni in presenza. Né possiamo accontentarci solo di preghiere domestiche, sostitutive della celebrazione eucaristica. Non voglio con ciò sminuire né dimenticare il bene di tante iniziative nate dalla creatività cristiana durante il tempo del lockdown, ma il cristianesimo è per sua natura comunitario. Non dobbiamo mai stancarci di radunare il nostro popolo nell’esperienza comunitaria della fede: sulla terra, senza fisicità non ci può essere gioia; anche nel cielo i nostri corpi saranno trasfigurati ma non eliminati. Vi invito perciò a superare ogni ingiusta paura e a stimolare i nostri fedeli alla partecipazione fisica alla Messa domenicale e agli appuntamenti parrocchiali (garantendo ovviamente tutte le misure di sicurezza prescritte e ancora importanti). Questo deve essere il centro della nostra ansia apostolica, di ogni nostro discorrere e di ogni nostra iniziativa». Una pastorale che tenga conto delle diverse esigenze delle persone, da incontrare con la gioia e lo spirito di divisione e condivisione che caratterizza lo stile di ogni discepolo del Signore, quello stile che Papa Francesco, come leggiamo nella Evangelii Gaudium, «vuole imprimere alla missione evangelizzatrice nel mondo contemporaneo e che come Diocesi siamo chiamati ad assumere nel tempo che ci è davanti».

Metodo, criterio e stile vengono dal vescovo Marino messi a servizio di alcune attenzioni che indica all’intera Diocesi, a tutte le sue articolazioni, realtà e organismi pastorali; alcune «attenzioni maturate – a partire dai contributi decanali al convegno e dalle conclusioni del X Sinodo diocesano - per la vita e la missione della nostra Chiesa diocesana – per le quali, specifica - Sarà necessario approfondire in un momento diocesano a diversi livelli anche la recente Enciclica del santo Padre: Fratelli tutti. Il nostro Convegno ci ha reso più coscienti che per questo ci è necessaria una “conversione pastorale e missionaria”; che tutti noi credenti ci mettiamo ‘in uno stato permanente di missione’ (EG, 25). Si tratta di una indicazione che non solo conferma ed estende la spinta missionaria originale, ma ne fa una urgenza che coinvolge tutte le strutture e le attività della Chiesa così che “esse diventino tutte più missionarie».

Queste le quattro attenzioni:

  1. Un impegno corresponsabile di laici e ministri ordinati per una “pastorale ordinaria” che non snaturi la realtà della parrocchia attraverso la scelta di iniziative e linguaggi mondani e contemporanei ma non attraenti sul piano dell’ecclesialità.
  2. La ripresa del cammino del catecumenato con una particolare attenzione all’approfondimento tra annuncio del Kerygma e pastorale familiare. Una pastorale per questo necessariamente mistagogica. «Per tali motivi - scrive Marino - bisogna evitare fermamente di inserire nella Messa domenicale (a partire dai primi vespri del sabato) celebrazioni funebri di trigesimo o anniversari: non accada che la partecipazione dei fedeli sia semplice particolare ricordo di un defunto, piuttosto che memoria ecclesiale del Risorto».
  3. Attenzione al sociale come esercizio ministeriale dell’unzione profetica e alla luce dei Documenti della Dottrina sociale della Chiesa. «Su questo versante – scrive il vescovo - a noi urge formare coscienze laicali mature, responsabili e animate dallo spirito di giustizia e carità sociale, come insegna Francesco. Parlo di una rinascita morale in senso forte: laddove non c’è più spazio pubblico per Dio nella società civile, si riduce progressivamente anche lo spazio per l’uomo. Tutto ciò che la Chiesa dice e fa per questo non ha il colore di una scelta politica di campo, ma nasce dalla considerazione grave che i valori più decisivi per la vita dell’uomo sono oggi in discussione». Un impegno quello per il bene comune che la Chiesa non può portare avanti se non avendo ben chiari il valore dei diritti non negoziabili e la priorità dei poveri.
  4. Un’intera Chiesa diocesana (nelle diverse componenti: Diocesi/Uffici pastorali, decanati e parrocchia) coinvolta e impegnata nella formazione e nello studio per coniugare Parola di Dio e sfide culturali del nostro tempo. «L’evangelizzazione è un’azione globale e dinamica, - precisa il vescovo - che coinvolge la Chiesa nella sua partecipazione alla missione profetica, sacerdotale e regale del Signore Gesù. È un atto profondamente ecclesiale, che chiama in causa tutti i battezzati, ciascuno secondo i propri carismi e il proprio ministero, e che richiede preghiera, riflessione e studio teologico». «È ora tempo di competenza e formazione che dovrà coinvolgere tutte le potenzialità di cui possiamo vantarci come Chiesa locale», sottolinea il vescovo, richiamando la proposta formativa elaborata dal Vicariato per i Laici. «In sintesi, dosando un metodo accademico ed esperienziale, ci stimola ad una formazione permanente e pastorale, ad un’attenzione al territorio (decanato e parrocchie) e a riscoprire la continuità nel tempo e l’organicità della missione, affinché si veda la vita cristiana come un cammino continuo di crescita e non un perenne punto di partenza/ripartenza; quasi come se ogni volta si ricominciasse dal principio».
  • Il corposo testo episcopale si conclude con un gioioso invito ad un anno pastorale vissuto nella speranza, pur senza negare le difficoltà date dal difficile momento storico in atto: «È stato un dono particolare per la nostra Chiesa poter riprendere il cammino attraverso il Convegno sotto lo sguardo e l’intercessione di Maria, presso quel suo Santuario che nel nome dell’Arco richiama il segno dell’Alleanza e della Pace indefettibile di Dio con noi. Convenire della nostra Diocesi in quel luogo per iniziare un nuovo anno pastorale è già stato di per sé espressione di un disegno divino e della sua grazia. La presenza di Maria nella Chiesa ha un fondamento reale nella storia di Dio con l’uomo. Maria è colei che ha accettato fin da principio di concepire se stessa come serva di Dio (cfr. Lc 1, 38.48). Questa era la fonte della sua gioia e la comprensione di se stessa di fronte al mondo. Allo stesso modo anche la nostra Chiesa santa di Nola vuole esplicitare il suo cammino nel tempo e nella storia che ci è data di vivere…Le nostre parrocchie diventino, negli scenari caliginosi dei nostri tempi, quell’arcobaleno di Speranza che mostra la policromia dell’iride di Pace».


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